Giuseppe Pellizza   (Pagine 18 )      Fonte : Ritratti d'Artisti Italiani - 1911

{\rtf1\ansi\ansicpg1252\deff0\deflang1040{\fonttbl{\f0\fnil\fcharset0 Times New Roman;}{\f1\fnil Times New Roman;}{\f2\fnil\fcharset0 Arial;}} \viewkind4\uc1\pard\sb2268\sa1134\sl240\slmult1\qc\lang16\f0\fs28 Giuseppe Pellizza. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Il 14 giugno 1907, all'alba, Giuseppe Pellizza s'appicc\'f2 con un fil di ferro a una scala a pioli poggiata contro la piccola biblioteca del suo studio. Aveva trentanove anni. Nella notte s'era coricato senza spogliarsi, poi s'era alzato per dar da bere nella stanzetta vicina alle sue due bambine Maria e Nerina ch\'e8 la moglie gli era morta un mese prima e ogni desiderio di lavoro e ogni speranza di vita gli si erano spenti quando s'erano spenti quelli occhi. Dal suo letto la madre, una vecchia paesana vigorosa e vigile, l'aveva veduto attraversare in punta di piedi la stanza quando suonava l'avemaria del giorno. Egli and\'f2 all'armadio che conteneva le vesti della moglie morta, le svolse nella luce ancor pallida, le tocc\'f2, le baci\'f2; poi si chiuse nel suo studio e s'uccise. \par Son tornato in quello studio a Volpedo, un borgo tutto chiaro e lindo di l\'e0 da Tortona, tra le colline verdi, lungo il Curone che reca un filo d'acqua d'argento dentro un gran letto di ghiaia color di rosa. La maggior via del paese gi\'e0 s'onora del nome di lui, perch\'e8 questo popolano mite e probo aveva adorato la sua piccola patria e la sua semplice famiglia fino a morire di pena quando questa cominci\'f2 a morirgli. \f1 -\f0 Da qui non mi porteranno via che morto, \f1 -\f0 aveva detto a un parente che voleva condurlo lontano dall'incubo di quel lutto. Fuori, a Venezia, a Roma, a Firenze, a Milano, noi non conoscevamo che l'artista laborioso e appassionato. A Volpedo egli era un cittadino esemplare ed attivo, dal Consiglio comunale alla presidenza della Societ\'e0 Operaia, un piccolo agricoltore diligente e moderno che fino all'ultimo fu segretario nella sezione locale della Societ\'e0 dei Viticultori di Casal Monferrato.... \par \pard\fi283\sb283\sl240\slmult1\qj Lo studio \'e8 rimasto come era in quella mattina tragica. Contro l'alta vetriata da dove i sopravvenuti scoprirono all'aurora il cadavere anc\'f3ra caldo, tutto vestito, il cappello in testa, \'e8 tesa per met\'e0 la tenda di tela greggia cos\'ec che la luce del sole anche adesso non cade che sulla scala e sulla libreria. Nella libreria, riviste d'arte alla rinfusa, e un centinaio di libri gi\'e0 polverosi. Dante, Petrarca, Taine, Flaubert, Ruskin, Leopardi, Foscolo del quale in un suo album ho ritrovato un ritrattino a matita dalla tela dell'Appiani che \'e8 a Brera e che forse non rappresenta il Foscolo, e sotto \'e8 scritto \'abil mio poeta\'bb. Sopra un divano, un pacco di disegni, dove tutti i suoi son ritratti due, tre, quattro volte, fino al disegno del bambino che gli si era spento fra le braccia pochi mesi prima, appena nato. Appeso a un paravento un ritratto in piedi della sorella mortagli giovanissima, di tubercolosi, sotto il '90, dopo averlo anch'ella aiutato con tutta la sua fede a escir dal lavoro di quei pochi campi loro verso il vasto mondo e la gloria: solo la testa ne \'e8 dipinta, alta, leale, sorridente (e la dipinse con fermezza, cos\'ec sorridente appena se la vide morta, per rubarla alla morte), e il resto \'e8 appena accennato, in grigio. Sulla parete di contro alla libreria, \'e8 una nicchia alta; e a destra v'\'e8 il disegno grande al vero della moglie, il disegno che gli serv\'ec per la mirabile figura centrale del suo \i Quarto Stato\i0 , per quella figura di giovane contadina che corre fiera a capo delle turbe, il sole in faccia, i piedi nudi, il capo nudo, un bimbo nudo nelle braccia robuste. E a sinistra, i ritratti ad olio, grandi al vero, dei suoi genitori, dipinti tra il '90 e il '92 prima che le ubbie \'abdivisioniste\'bb venissero a tormentar la sua pittura e a frenargli la fantasia: due paesani, vestiti a festa, d'un'espressione tra soddisfatta e bonaria. Nell'alta nicchia, sul cui piano son posati due crani di cavallo e un mazzo di fiori secchi, s'alza una grande \'abanatomia\'bb di gesso, nota in tutte le scuole d'arte, il corpo intiero e diritto d'un uomo scuoiato, il volto chino in ombra, un braccio alzato verso il cielo.... \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Questa statua macabra e il suo gesto son proprio di contro alla scala dove Pellizza s'appicc\'f2, furono le ultime cose reali fissate nello squallore di quell'alba dai suoi grandi occhi azzurri. \par \pard\fi283\sb283\sl240\slmult1\qj\'abSono dieci giorni che sono sola e mi pare dieci anni. Ogni giorno vado nel tuo studio, ma non trovo pi\'f9 nessuno, non vedo pi\'f9 quelli occhi che mi guardavano tanto, quella bocca che sorrideva sempre. Ora tutto \'e8 muto. Ogni giorno guardo l'almanacco, conto i giorni e sono ancora due mesi e diciassette giorni. Come faranno a passare questi benedetti giorni?\'bb La famiglia conserva a pacchi le lettere amorose di Teresa Pellizza al suo \'abPippo\'bb. Questa gliela scriveva a Firenze nel dicembre del 1893. S'erano sposati da poco. Ella era povera rispetto a lui che possedeva, l\'ec attorno alla sua casetta di Volpedo, altre case e qualche campo e qualche vigna che il padre coltivava con saggezza e ai quali egli stesso s'era dedicato fin da quando aveva lasciato la scuola tecnica di Castelnuovo Scrivia, tanto che molti rammentano d'averlo allora veduto anche vangar allegramente la sua terra e tanto che ad ogni maggio egli liberava anc\'f3ra il suo studio dai cavalletti e dai manichini per stendervi in terra le stuoie e i lenzuoli pei bozzoli. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Ma la povert\'e0 di lei fu un ostacolo che dur\'f2 poco. I vecchi Pellizza cedettero presto perch\'e8 quel loro figliolo bellissimo e valido, laborioso e fiducioso, era tutto il mondo per loro. E il matrimonio fu una festa per tutto il paese. Ritrovo fra le altre carte che un cugino del Pellizza, l'Abbiati, ha con religione d'affetto riordinate, la poesia in vernacolo che il farmacista di Volpedo indirizz\'f2 agli sposi: \par \pard\li1701\sb170\sa170\sl240\slmult1\i\fs24 Car al nostr'amis pit\'f9r \par Ti t se propi fortun\'e0, \par Che te scielt coi t\'f2 cul\'f9r \par Un mest\'e8 privilegi\'e0.... \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj\i0\fs28 E la giovanissima Teresa s'accinse con fede e per amore a studiare un po' di tutto, dall'ortografia alla grammatica. Un anno dopo gli scriveva a Firenze: \'abOra siamo in sette ad andare a scuola e l'ultima sono io, la pi\'f9 vecchia di tutte. Ma ci\'f2 non importa. T'assicuro che non mi lascio mettere paura da nessuna di queste. La maestra mi d\'e0 quattro lezioni alla settimana....\'bb Ma s'occupava anche degli affari e gli mandava i prezzi del fieno e del grano e lo consultava sull'opportunit\'e0 di seminare o di potare o di mietere. Quando gli spediva i vestiti d'inverno e gli aghi e il filo pei piccoli rammendi, chiudeva nel bauletto poche mele di Volpedo e poche uova. E l'esule quel giorno risparmiava la colazione e il pranzo, si chiudeva nella sua stanzetta da studente in piazza dell'Annunziata, mangiava le frutta profumate del paese natio e scriveva ai suoi lettere d'un fervore che voleva essere composto e virile ma che ad ogni parola si gonfiava fino alle lagrime. La citt\'e0, in fondo, egli non l'amava. \'abIn citt\'e0, \f1 -\f0 scriveva al padre, \f1 -\f0 qualche rara persona si trova che ci vuol bene; ma sono troppo rari e il vedersi trattati bene dalla maggior parte solo pel fatto che si \'e8 ben vestiti, il che lascia presumere che si abbia in tasca danaro, \'e8 cosa che in fondo fa dispiacere. Ma il mondo \'e8 cos\'ec. Forse anche noi facciamo lo stesso\'bb. \par A Firenze visse e studi\'f2 molti anni tra il 1893 e il 1895, anche all'Accademia. Egli che ormai stava sui venticinqu'anni, che gi\'e0 nel 1884 era andato a Milano a studiare a Brera e poi a Bergamo a studiar col Tallone, che gi\'e0 nel 1892 all'esposizione Colombiana di Genova aveva vinto col delicato sentimento e la delicata pittura di \i Mammine\i0 una medaglia d'oro, non si stancava anc\'f3ra d'imparare e di confessarsi scolaro. Amava per la sua spontaneit\'e0 insofferente d'ogni catena Giovanni Fattori, ma molto viveva anche con critici e poeti. Giovanni Cena era stato per lui finch\'e8 era vissuto in Piemonte un fratello spirituale, ch\'e8 tra la poesia rude e alfieriana del Cena e l'arte profonda e semplice del Pellizza, meglio tra le vite di questi due popolani usciti ambedue alla fama vantando la nobilt\'e0 della loro origine faticata, esiste un'affinit\'e0 che un giorno si vedr\'e0 meglio di quel che ora, da vicino, si possa. A Firenze, il Pellizza si leg\'f2 con Domenico Tumiati nel cui estetismo mistico e prerafaelita egli credette ritrovare la purezza dei suoi sogni d'uomo nuovo e semplice e l'amore al simbolo e all'allegoria cari anche al Segantini al quale in quel tempo egli si veniva legando con venerazione di discepolo. E il Tumiati lo present\'f2 ai due Orvieto e agli amici del \i Marzocco\i0 cos\'ec che il Pellizza pot\'e8 nel battagliero giornale fiorentino scrivere poi anche qualche articolo sul movimento divisionista che gli sembrava novissimo e destinato a trasformare il mondo della pittura; sulla necessit\'e0 per gli artisti d'una maggiore cultura, sui vantaggi della solitudine. \'abAl vero artista la vita solitaria della campagna \'e8 utile invece che nociva, poich\'e8 lontano dagli eccitamenti necessarii ai fiacchi mai rist\'e0 dal lavoro e dalle ricerche, progredendo cos\'ec d'un progresso lento ma continuo\'bb, egli affermava nel \i Pittore e la solitudine\i0 e pensava a s\'e8 stesso e alla sua Teresa silenziosa che agucchiava nell'angolo del suo studio bianco e alle finestre aperte sul verde delle sue colline, e pensava al suo gran Segantini che dal Maloja poco prima gli scriveva: \par \'abGrazie di ricordarmi cos\'ec. L'amicizia sincera in arte \'e8 cos\'ec rara che diventa cosa preziosa specialmente per me che mi sono messo contro tutte le idee e le abitudini volgari dei miei confratelli in arte. Voi siete il solo che abbia dimostrato di pensare di vedere e di sentire come io penso vedo e sento.... E questa \'e8 la sola amicizia possibile e sincera fra due artisti.... Qui si vive a 1890 metri sopra il mare, a quindici e sino a trenta gradi di freddo in una casetta tutta di legno molto comoda e bene riscaldata con mia moglie e tre figli.... Da queste parti non pass\'f2 ancora il fischio livellatore della macchina n\'e8 mai si ud\'ec tocco di campana. Silenzio sempre, interrotto solo dal fischio del vento e dall'abbaiare dei cani.\'bb \par \pard\fi283\sb283\sl240\slmult1\qj A Firenze nel 1895 espose il \i Fienile\i0 che l'anno prima aveva esposto a Milano. Fu la sua prima grande vittoria. Quel contadino morente lass\'f9 tra i mucchi del fieno secco accanto al rifiorire dei campi arati e seminati dalle sue mani, e il prete in ginocchio che gli porge la particola consacrata, e la piena luce del cielo primaverile che protegge quell'ombra come una benedizione, formavano una scena d'un'umanit\'e0 tanto profonda e per cos\'ec semplici mezzi commovente che l'opera parve s\'fabito, ed era, un'opera classica nel senso pi\'f9 puro e pi\'f9 sicuro della parola. \par \pard\fi283\sl240\slmult1\qj Quando l'anno dopo l'espose a Torino, in una pubblica lettera a Giovanni Cena egli stesso lo comment\'f2 con alcune massime la cui verit\'e0 soltanto oggi dopo dodici anni ricomincia ad apparire ai migliori dei nostri artisti: \par \'abIn questo quadro l'invenzione ha parte pi\'f9 di quel che non si creda, come negli altri miei. Vorrei infatti che si desse pi\'f9 importanza all'invenzione e alla composizione perch\'e8 credo che la decadenza dell'arte si deva in gran parte alla trascuranza di esse. Il verismo ha portato questo di buono che ha condannato forme aberranti contorte esagerate, riducendo alla sobriet\'e0 e correttezza ch'\'e8 nella natura, ma i veristi per eccessiva paura di dar nel falso credono necessario scegliere un vero tutto d'un pezzo, n\'e8 osano modificarne gli elementi aggiungendo od eliminando e componendo diversi veri osservati a parte e riuniti armonicamente. Ma questo \'e8 il principale e pi\'f9 nobile c\'f2mpito dell'artista: altrimenti egli non sarebbe pi\'f9 un creatore ma un riproduttore e un copiatore. Solo l'osservazione continua abituale del vero, insistente in modo che quasi noi non possiamo pi\'f9 concepire n\'e8 creare alcuna cosa la quale non sia verosimile, pu\'f2 emanciparci da quest'obbligo di controllo su un paesaggio che ci sfugge o su modelli cui imponiamo un movimento che essi non capiscono, non sentono od imitano spesso in modo goffo e grottesco. Ora la composizione quando sia un po' complicata e numerosa, non \'e8 possibile se l'artista non si sente in grado di fare a meno della presenza continua dei modelli, fuorch\'e8 nei particolari, perch\'e8 s'egli mettesse in posa tutte le figure nel loro atteggiamento e tutte insieme in un'azione comune, al vedere la stranezza, la caricatura di quelle pose forzate o scapperebbe inorridito o non sarebbe un artista. L'ambiente poi non si pu\'f2 sempre trovare tale che sia perfettamente adatto all'azione che si svolge: bisogna che intervenga anche qui la discrezione, il criterio dell'artista, a modificare, ad aggiungere, ad eliminare.\'bb \par Da anni, forse dalle prose pi\'f9 battagliere e meno profonde dei \i macchiajoli\i0 fiorentini, un artista non scriveva d'arte con tanta fermezza, offrendo senza vana modestia la propria opera ad esempio. \par A quel punto il divisionismo, nel quale lo veniva consigliando e poi fino alla fine lo venne confortando con centinaia di lettere argute polemiche affettuose il pi\'f9 tenace e meticoloso dei \'abpuntinisti\'bb italiani, Angelo Morbelli, \'e8 per lui il vangelo dell'avvenire. Egli confessa che \'abla tecnica divisionista \'e8 anc\'f3ra bambina e bisogna rafforzarla e semplificarla in modo che non si senta e non s'avverta a quella distanza a cui dev'essere collocato il quadro dallo spettatore\'bb; ma, bambina com'era, quella tecnica faticosa gli sembra rendere la pittura \'abpi\'f9 efficace e pi\'f9 consistente e talvolta pi\'f9 vaporosa e spirituale\'bb. Specialmente nelle parti in ombra egli, allora e poi, coi colori divisi riesc\'ec a trasparenze che pochi altri dei suoi correligionari, in Italia e fuori dove gi\'e0, quand'egli cominciava, quella moda finiva, hanno mai raggiunte. \par Se qualcuno gli osservava che, da Velasquez a Besnard, qualche altro pittore aveva ottenuto le stesse trasparenze senza gelar l'ispirazione nello stentato ricamo del \'abpuntinismo\'bb, \f1 -\f0 che lo stesso Segantini ormai abbandonava quella mania e solo dove gli occorreva scomponeva i colori composti in filamenti di colori complementari servendosi della trama di quei filamenti per disegnare e modellare meglio le cose dipinte, \f1 -\f0 egli domava il suo intimo orgoglio e rispondeva con modestia che anch'egli forse cogli anni si sarebbe modificato, che intanto quella fatica gl'insegnava a capire \'abdi che cosa \'e8 fatta la luce\'bb. E in quel tormento s'accaniva con fierezza d'apostolo. Se in quadri come la \i Processione,\i0 il \i Morticino,\i0 il \i Girotondo, Lo specchio della vita\i0 , esposto nel 1898 a Torino e comperato nel 1906 dal Re, la prima ispirazione s'\'e8 nel quadro finale, attraverso a quel trito pennelleggiare a virgole minuscole, mantenuta intatta in tutta la sua profonda e triste poesia, il prodigio \'e8 dovuto all'inesauribile energia sentimentale dell'artista che nessun lavor\'eco, nessuna fatica, nessun ostacolo poteva fiaccare. Il \i Fienile\i0 del quadro era il suo fienile, che ho veduto accanto alla sua casa carico di raccolto e odoroso di timo e di menta come un miele. Le pecore dello \i Specchio della vita\i0 dipinte, secondo l'immagine dantesca, l'una dietro l'altra sull'argine lungo l'acqua che le riflette rovesce, erano le sue pecore. Le studi\'f2, le disegn\'f2 per mesi. Si consigli\'f2 col Segantini che il 5 maggio del '97 gli rispose questa lettera d'una gustosa semplicit\'e0 allora gi\'e0 rara nella prosa di lui un po' tronfia e apocalittica: \par \'abGli schiarimenti che posso darti sul modo di afferrare le forme delle pecore nei loro movimenti di vita, \'e8 di dirti in breve come procedetti io in tali studii. Con l'album nelle mani le studiai nei pascoli andando dietro ora a questa ora a quella. Ultimamente mi ero cos\'ec innamorato dell'eleganza ed armonia delle forme di questo animale che non lo dipingevo che tosato. Non so di che razza siano quelle che adoperi tu: io non amo le pecore bastarde perch\'e8 le parti sono sempre discordanti\'bb. \par La tecnica tediosa lo gel\'f2 solo nel \i Quarto Stato\i0 . Egli che, senza essere stato ufficialmente iscritto al partito socialista, ebbe anche nelle lotte municipali comuni coi socialisti gl'ideali di redenzione umana e le speranze di un pi\'f9 libero sviluppo dell'individuo in una societ\'e0 pi\'f9 buona, prima chiam\'f2, con un po' di retorica, quel quadro \i Gli ambasciatori della fame\i0 . Sotto uno dei primi disegni che indicano gi\'e0 quella fila compatta di proletari in marcia, dietro la madre col bambino, sulla strada bianca assolata, gi\'e0 scriveva solennemente: \'abPassa la fiumana dell'umanit\'e0. Correte a ingrossarla. Filosofo, lascia i libri tuoi, corri a metterti alla sua testa e guidala coi tuoi studii. Artista, va ad alleviare i dolori con la bellezza....\'bb Mentre copiavo queste parole, nella saletta da pranzo, e sfogliavo i disegni del dolce morto, quell'appello mistico e sonante si trov\'f2 posato accanto a un quaderno di scuola cui lavorava la piccola Pellizza al mio arrivo e v'era scritto sopra: \i Quaderno dell'alunna Pellizza Maria. Poesie. \par \i0 Ma non conosce il Pellizza chi non ha veduto quel ch'egli ha lasciato a studio. E non parlo solo delle opere finite e dopo la sua morte, nel 1909, esposte a Venezia come la \i Neve\i0 lungo un fosso, senza cielo, come il \i Tramonto sulle colline di Volpedo\i0 , come il trittico \i L'Amore nella vita\i0 dov'\'e8 tutta la storia della sua vita, di quella che avrebbe potuto essere la sua vita, la storia di due amanti, prima giovani abbracciati in cammino verso la felicit\'e0 tra siepi verdi su prati fioriti in un nimbo di luce, poi vecchi, di sera, d'autunno, l'uomo chino sopra un magro fuoco, presso una gora, mentre la donna amorosa e materna strappa per quel fuoco qualche frasca da una siepe nuda. \par In un tempo in cui i pi\'f9 giovani e i pi\'f9 ignoti osano occupare nelle pubbliche mostre pareti e pareti con bozzetti e improvvisazioni, Giuseppe Pellizza aveva il rispetto del pubblico. Gli pareva d'offenderlo e d'offender s\'e8 stesso a esporre un quadro che non fosse meditato, preparato con cento studii sul vero, per mesi, composto con un equilibrio e una semplicit\'e0 ricercati attraverso a cento schizzi. Al \i Quarto Stato\i0 lavor\'f2 e pens\'f2 per dodici anni. Dei due pannelli estremi nel trittico dell'\i Amore\i0 esistono due versioni complete, con poche varianti. I suoi disegni son centinaia, da quelli a penna, d'una minuzia e d'un brio alla Fortuny eseguiti prima del '90 a quelli pel \i Fienile\i0 e per lo \i Specchio della vita \i0 pi\'f9 sobri e taglienti a carbone su carta azzurra con qualche accento di gessetto, infine a quelli di puro chiaroscuro nei quali fissava la sera sotto la lampada sulla mensa sparecchiata i suoi sogni o il profilo della moglie e delle bambine. Vivo lui, nessuno li ha mai veduti. Questo lavor\'eco intimo, queste titubanze, queste ricerche ansiose in quel villaggio solitario dove per l'arte non poteva confidarsi che con s\'e8 stesso, egli le nascondeva con pudore. Per mostrarsi al pubblico, si vestiva anc\'f3ra, come nell'\i Autoritratto\i0 , cogli abiti da festa.... \par Ma in questi ultimi anni, l'et\'e0 matura, la fama pi\'f9 diffusa, la tecnica gi\'e0 libera dal divisionismo ad ogni costo, lo spingevano a rivelarsi senza paura, a esporre anche quadri pi\'f9 piccoli, meno densi di simboli, pi\'f9 ingenui e immediati anche del \i Sole\i0 che all'ultima grande esposizione milanese del '906 fece tanta luce tra la nuvolaglia. Questi quadri del 1906 in cui i bei successi di Roma e di Milano l'avevano acceso di tanta febbre di lavoro, formano due gruppi: quello dipinto a Roma in primavera, nel quale il ricordo del Fontanesi che fu sempre il suo idolo nascosto \'e8 vivissimo, e di cui il pi\'f9 bello \'e8 la \i Statua a Villa Borghese\i0 che rappresenta nella penombra una statua coperta di licheni protetta da alti alberi sotto un gran volo di nubi color perla; e quello dipinto nei Grigioni quando egli and\'f2 a Savognino a porre una lapide sulla Casa abitata dal Segantini, e poi in Engadina. Con quel viaggio egli scioglieva un antico voto e alcuni suoi appunti manoscritti rivelano con che occhi e con che cuore egli studiasse quei luoghi donde l'arte del suo maestro era salita verso le ultime sommit\'e0 e verso la morte. \par \'abStamane sono andato sulla stradetta sopra Savognino verso la montagna che mette al lago Nogiel. Ho scelto una ventina di pietruzze nel torrente che scende verso il paese: mi pare di vedere in esse l'origine della pittura di Segantini, l'embrione della sua tecnica.... Ho veduto il luogo dove dipinse l'\i Aratura\i0 ; da un punto pi\'f9 vicino al paese \'e8 dipinta la stradicciola di destra, da uno pi\'f9 alto e pi\'f9 lontano il campo. Anche i monti sono composti, ma sul vero.... Il fondo di case e la linea di montagne nell'\i Inverno a Savognino\i0 sono completamente composti...\'bb \par Fra i paesaggi fatti a Volpedo uno ha una freschezza d'egloga: due alberi (ed esistono proprio, l\'ec dietro casa sua, nel suo orto) che si piegano l'uno contro l'altro e s'intrecciano, tronco e rami, tanto che pare impossibile abbatter l'uno senza abbatter l'altro. \par \f1 -\f0 Questi siamo io e Teresa, \f1 -\f0 disse un giorno a un amico. \par Ripetevo queste parole alla mamma che m'accompagnava nella triste visita. Ella che era vestita di cotone nero e non sorrideva pi\'f9, scosse il capo senza guardarmi. Eravamo sul ponticello di legno che traversa il ruscello in mezzo al giardinetto di rose, di gerani e di crisantemi davanti alla casa. Mentre mi stendeva la mano, la madre mi disse cupa: \par \i\f1 -\f0 Dispias\'ec, par me culpa, an heu mai vurs\'fc ch'ug n'aviss. Al vurs\'fc f\'e0 er pitur? E ch'ul faga! Al vurs\'fc spus\'e0 quala brava fieura sensa un sod? E ch'u la spusa!\i0 \'c8 vero che poi \'e8 stata un angelo.... Ma dispiaceri, per colpa mia, no, mai e poi mai! \i L'\'e8 l\'fc, l'\'e8 propi l\'fc ch' l'ha fat sta sbalii! \par \pard\lang1040\i0\f2\fs24 \par }